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    Sopra un sistema socio-economico equilibrato (terza parte)

    Cesco
    Cesco


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    Sopra un sistema socio-economico equilibrato (terza parte) Empty Sopra un sistema socio-economico equilibrato (terza parte)

    Post  Cesco Sun Jun 01, 2008 11:49 pm

    Anche durante il passaggio dal sistema feudale a quello mercantile (capitalismo primitivo) esisteva tale promiscuità tra la classe alto borghese e l’aristocrazia illuminata, ma tornando ai giorni nostri, nonostante sembri alto il numero di persone che può passare dalla parte del capitale questo non vuol dire che chi rimane nelle condizioni di subordinazione non sia la stragrande maggioranza della popolazione.
    Il requisito necessario affinché si possa intraprendere un’azione di soppressione del sistema del lavoro salariato, è il raggiungimento del massimo sviluppo del sistema capitalistico. Questo perché non si può pensare di costruire una macchina efficiente se non si lavora con una tecnologia avanzata ed estesa. Purtroppo tale sistema, che raggiunge punte di sviluppo, si basa sulle più basse condizioni della stragrande maggioranza delle persone e questa disparità oltre che essere il motore fondante il processo rivoluzionario è anche l’elemento dal quale scaturisce la violenza di classe.
    Se parlare di classe è spesso generico e fuorviante è altresì vero che è necessario, per poter comprende tale fenomeno, usare una classificazione. Evidentemente non ci si può accontentare di un concetto di classe dominante e oppressa così superficiale come talvolta accade (anche tra i sedicenti gruppi di avanguardia). Ma si deve organicamente scoprire quali dinamiche e quali moti convettivi esistono tra l’una e l’altra.
    Nasce l’esigenza di una discriminante che definisca in termini economici i rapporti sociali che raggruppano diverse persone in una stessa categoria e cancelli la vaga e mistificata idea di un manipolo di persone che domina una massa informe.
    Proficuo a tal fine è l’utilizzo della distribuzione del reddito prodotto da un ciclo di produzione capitalistica, ma in realtà si dovrebbe parlare della disuguaglianza nella sua distribuzione. Infatti, è proprio dalla disuguaglianza nella distribuzione del reddito che nascono le disuguaglianze sociali.
    Storicamente il reddito veniva diviso in tre categorie: rendita fondiaria, profitto e salario, mentre i soggetti che percepivano una quota composta non solo da una di queste categorie veniva chiamato reddito “misto”. Oggi la sostanza non è cambiata anche se un po’ più complessa, in quanto alle tre categorie di reddito originario si deve aggiungere l’interesse che origina dal capitale investito.
    La disuguaglianza nella distribuzione del reddito ha una duplice origine, e cioè nasce dalla proprietà privata dei mezzi di produzione e dalla divisione del lavoro. Il reddito si distribuisce in modo tale da formare delle distinte classi che possono essere illustrate in ordine gerarchico, ovvero secondo il peso che hanno nella società.
    La Prima classe, detta anche Alto borghese, è formata da un numero limitato di persone che attraverso le rendite fondiarie e urbane, i profitti e redditi misti che provengono da speculazione sul capitale investito e attività imprenditoriali (i redditi misti concretizzati con prestazioni autonome per conto di grandi gruppi capitalistici), hanno un ruolo di predominio sulle classi sottostanti.
    La Seconda classe, detta anche Piccolo borghese, è composta da tre sottoclassi. Infatti, in accordo con quanto sostenuto da celebri economisti contemporanei, come Sylos Labini, ritengo che la middle class non sia una classe definita secondo i dettami tradizionali, ma un magma che funge da spartiacque tra la Prima e la Terza classe. La Seconda classe è dunque composta dalla piccola borghesia impiegatizia, dalla piccola borghesia autonoma e dalla piccola borghesia particolare.
    La Terza classe viceversa è divisa in due sottoclassi, la classe salariata e il sottosalariato.
    La dialettica marxista, procrastinata dalle sette extraparlamentari di ispirazione leninista, è strettamente legata al concetto di riscatto mediante la Rivoluzione Comunista della Terza classe (detta nel gergo classico “operaia” e nel gergo attuale “salariata”). A mio avviso, l’attenzione si deve per forza di cose allargare alla middle class, ovvero alla piccola borghesia che, essendo composta da una moltitudine di realtà sociali diverse, ha in se la forza di far pendere l’ago della bilancia da una o dall’altra parte. Cioè, mentre la Prima e Terza classe, in particolare il sottogruppo salariato, hanno, o dovrebbero avere per tradizione, una sorta di coscienza di Classe, la Seconda non ha alcun tipo di confine genetico-culturale.
    L’accanimento che i succitati gruppi extraparlamentari dimostrano nel voler dividere la società in sole due classi nasce dal fatto che la discriminate usata per tale suddivisione è rappresentata dalla proprietà dei mezzi di produzione. Tale suddivisione non dà un quadro funzionale dei rapporti socio-economici, anche se è palesemente semplice da adottare con l’obiettivo di identificare un nemico in termini però molto generici.
    Purtroppo attualmente si può parlare di coscienza di classe vera e propria solo per la Prima classe, che si può continuare a chiamare dominante a tutti gli effetti. Mentre per quanto riguarda la Terza classe si è di fronte ad una pesante involuzione. L’avvicinamento delle condizioni di vita tra la cosiddetta classe “operaia” e una parte della classe media ha ibridato i sentimenti e ha occultato il loro ruolo nella società.
    La morale borghese che molto deve anche alla classe media ha rigettato ogni tipo d’identità di classe. Quindi il dramma è che nonostante la Terza e la Seconda classe siano diverse per i modo in cui ottengono il reddito si uniformano nell’oblio, collaborando o contrastandosi quando se ne presenta l’occasione, per raggiungere dei miseri e non duraturi, ma immediati benefici.
    Questo ordine di cose va a favore dell’Alta borghesia che inconsciamente ha creato i suoi anticorpi nei confronti della sua antagonista storica, ovvero, la classe “operaia”. Questi anticorpi sono rappresentati dall’esistenza della Seconda classe, ma soprattutto dalla eterogeneità di questa classe “cuscinetto”. Vi sono evidenti moti convettivi inter e intra classe, cioè vi sono soggetti che si promuovono socialmente e soggetti che si declassano o vengono declassati; oppure ci sono degli spostamenti da un sottogruppo all’altro della stessa classe. In linea di massima si nota una certa stabilità nei numeri in termini di appartenenza (penso che però questo dipenda dal periodo storico è non possa essere generalizzato).
    Alla luce di quanto detto sulle classi sociali è logico pensare che solo attraverso la presa di coscienza della Seconda e la ripresa di coscienza della Terza una Rivoluzione Comunista possa avere senso e buon esito

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